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Visione Artificiale

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Ci abbiamo sperato per anni e ora possiamo crederci: è in sperimentazione Prima Bionic Vision System della Pixium Vision, la prima protesi retinica ideata anche per i pazienti affetti da degenerazione maculare legata all’età (AMD) di tipo atrofico allo stadio terminale (atrofia geografica).

Il concetto di “visione artificiale” ha ormai perso la sua connotazione fantascientifica diventando sempre di più una realtà consolidata. La collaborazione internazionale tra i maggiori esperti nel campo della microelettronica, dei biomateriali, della medicina e della chirurgia ha infatti già reso possibile il recupero di un certo grado di funzionalità visiva in determinati tipi di pazienti che hanno perso la visione in età adulta a causa di una patologia retinica degenerativa quale la retinite pigmentosa o la degenerazione maculare legata all’età.


La prima protesi retinica a ricevere il marchio CE in Europa (2011) e FDA negli Stati Uniti (2013) è stata Argus II, prodotta dalla ditta statunitense Second Sight per il recupero visivo nei pazienti non vedenti adulti affetti da retinite pigmentosa. Si tratta di una protesi epi-retinica costituita da un insieme di microelettrodi montati su un microchip di 4 mm di lato che viene impiantato nella cavità vitreale dell’occhio e fissato in corrispondenza della retina interna. Argus II è in grado di generare una percezione visiva con risoluzione pari a circa 60 pixel grazie all’ausilio di diverse componenti esterne (una videocamera montata su un paio di occhiali, un computer portatile e una batteria esterna) collegate alla protesi retinica mediante specifici cavi che mettono in comunicazione l’interno dell’occhio con l’esterno. L’impianto di Argus II è notevolmente invasivo e il recupero visivo piuttosto limitato, infatti si ottiene una percezione di puntini luminosi (fosfeni) che nel loro insieme creano dei “pattern luminosi elementari” che il paziente impara a riconoscere mediante un percorso di riabilitazione specifico in grado di far riconoscere grosse figure geometriche elementari di colore bianco su sfondo nero, lettere scritte a caratteri molto grandi e in alcuni casi a individuare il movimento di oggetti, seguire una linea bianca sul pavimento e trovare una porta.

Nonostante le sue criticità, Argus II ha rappresentato una pietra miliare nella nuova era delle protesi retiniche, aprendo la strada alla progettazione e alla realizzazione di diverse nuove tipologie di protesi retiniche più sicure e facili da impiantare e allo stesso tempo con un maggiore numero di elettrodi e quindi di pixel, per ottenere nei pazienti una percezione visiva più dettagliata. Permettere ai pazienti di riconoscere i volti, muoversi indipendentemente in un ambiente non noto e leggere un testo complesso è il target verso il quale si stanno muovendo i ricercatori del settore di tutto il mondo.

Immagine di ipotesi di vista con il chip per la visione artificiale

IRIS II

Tra le altre protesi retiniche che hanno ricevuto il marchio CE (2016) troviamo Iris II della ditta francese Pixium Vision e Alpha AMS della ditta tedesca Retina Implant AG.

Iris II è una protesi retinica costituita da un microchip di 150 micro-elettrodi, progettata anch’essa per il recupero visivo in pazienti affetti da retinite pigmentosa ma anche sindrome di Usher, distrofia dei coni e bastoncelli e coroideremia. Iris II presenta un funzionamento simile a quello di Argus II ma una risoluzione delle immagini superiore (150 pixel invece di 60).

Alpha AMS

Alpha AMS è un microchip costituito da 1600 unità di stimolazione, ognuna costituita da un micro-fotodiodo in grado di trasformare la luce che arriva sulla retina in stimolo elettrico in modo autonomo, senza l’ausilio di apparecchiature esterne, da un amplificatore del segnale e da un micro-elettrodo di stimolazione. Alpha AMS, contrariamente ad Argus II e a Iris II, è una protesi sotto-retinica, che viene impiantata non nella cavità vitreale ma nello spazio sotto-retinico, dove sostituisce spazialmente e funzionalmente i fotorecettori.

Le protesi retiniche descritte sopra presentano limiti dettati dall’invasività e dalla complessità della chirurgica d’impianto – dovute soprattutto alla necessità di collegare il microchip retinico a elementi esterni quali elaboratori d’immagini e batterie esterne – e dal recupero visivo modesto che non garantisce un recupero dell’autonomia nella vita quotidiana. Questi ostacoli sembrano essere oggi superati dalla nuova protesi prodotta dalla Pixium vision.

Prima Bionic Vision System

Prima Bionic Vision System è una protesi di ultimissima generazione: si tratta del più moderno e promettente prototipo della Pixium Vision, rivoluzionario in quanto basato su un impianto fotovoltaico wireless miniaturizzato di soli 2 mm di lunghezza × 2 mm di larghezza e × 30 μ di spessore e comprendente 378 micro-fotodiodi. 

Prima è il primo modello di protesi retinica progettata per pazienti affetti da degenerazione maculare legata all’età ed è oggi oggetto di un attesissimo studio clinico sull’uomo per testarne applicabilità e sicurezza.

Prima viene impiantata nello spazio sotto-retinico, al posto dei fotorecettori e a contatto con l’epitelio pigmentato retinico. L’estrema miniaturizzazione e la funzionalità in modalità wireless rendono l’impianto di Prima molto meno invasivo rispetto a quello delle altre protesi testate fino ad oggi, infatti non sono più necessari cavi che fuoriescono dall’occhio poiché le immagini catturate e selezionate dalla mini-telecamera montata sugli occhiali del paziente vengono proiettate sulla protesi utilizzando luce nel vicino infrarosso e non è necessaria energia fornita dall’esterno. Le microcellule fotovoltaiche di questa protesi trasformano l’informazione ottica in stimolazione elettrica sulle cellule bipolari della retina innescando un processo visivo molto simile a quello naturale. Il microchip di Prima è modulare e quindi espandibile per aumentare l’ampiezza del campo visivo.

La protesi retinica Prima può essere impiantata in pazienti affetti da degenerazione maculare legata all’età di tipo atrofico allo stadio terminale (atrofia geografica) che presentino le seguenti caratteristiche: età minima 60 anni, visus non superiore a 20/400 e assenza di percezione foveale.

Il primo impianto della protesi retinica Prima è stato effettuato a dicembre scorso presso la Rotschild Foundation di Parigi ad opera del chirurgo Yannick Le Mer, principal investigator, e con la partecipazione di altri illustri colleghi: il Dr. Mahi Muquit, il Prof. Jan Van Meurs e il Prof. Andrea Cusumano. Il microchip è stato azionato dopo 8 settimane dal suo impianto e il paziente è stato in grado di percepire le sagome luminose di diversi oggetti in corrispondenza dell’area retinica dove la percezione luce era assente.

La velocità con cui si stanno evolvendo le protesi retiniche ci fa ben sperare che in un futuro non troppo lontano sarà possibile incrementare notevolmente la risoluzione delle immagini percepite dai pazienti non vedenti che si sottoporranno all’impianto di una protesi retinica. 

Occhiali visione artificiale
Ciò offrirà la possibilità di ritrovare una percezione visiva sempre più vicina a quella naturale e utile a svolgere un numero sempre maggiore di attività della vita quotidiana senza ausili esterni, con uno spettro di autosufficienza sempre più ampio. C’è da aspettare ancora qualche anno, ma l’idea che questa chirurgia avveniristica sarà in grado di cambiare radicalmente la qualità di vita di una persona non vedente non è più un miraggio ma una realtà a portata di mano.

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