Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

Optogenetica

L’optogenetica è una branca emergente della scienza che utilizza le conoscenze della fisiologia cellulare, della genetica e della terapia genica per modulare eventi molecolari in modo mirato nelle cellule. Si basa sull’uso di proteine di determinati organismi (ad esempio alcune alghe unicellulari) che cambiano conformazione in presenza di luce modificando il potenziale d’azione di membrana: tali proteine, “trasferite” in cellule che solitamente non sono eccitabili, rendono tali cellule eccitabili dalla luce. I ricercatori utilizzano l’optogenetica per “accendere” o “spegnere” le cellule con notevole precisione (singole cellule o regioni di cellule) in animali viventi.

Già negli anni ’70 molti laboratori identificarono varie proteine trans-membrana, chiamate opsine, che reagivano alla luce (ciascuna ad una differente frequenza); ma solo nel 2005 l’équipe di K. Deisseroth, del MIT, pubblicò un articolo rivoluzionario: integrando infatti una di queste opsine, la Channelrhododopsina-2 (ChR2), a quelle normalmente presenti in una cultura di cellule celebrali murine e stimolandola attraverso un laser, i ricercatori erano in grado di attivare i neuroni con una precisione temporale dell’ordine dei millisecondi.

In principio l’optogenetica ha utilizzato il DNA della ChR2, che normalmente consente alle alghe di seguire la luce, per controllare l’attività dei neuroni, mediante l’attivazione di una luce di specifica lunghezza d’onda. Nella branca della neurofisiologia, si spera che l’optogenetica “consentirà in un prossimo futuro di trattare in modo efficace molte patologie del cervello e non solo”.

Immagine grafica di rappresentazione dell'optogenetica

Applicata all’oftalmologia, questa tecnica può dare importanti risultati per il trattamento delle patologie retiniche, anche eredo familiari, andando a riattivare la funzionalità retinica, e quindi il processo della visione, “inserendo” il DNA delle proteine sensibili alla luce in cellule retiniche che normalmente non sono reattive alla luce ma possono, in questo modo, diventarlo. 

Nell’occhio agiscono due tipi di cellule fotorecettive, i coni, preposti alla visione dei colori, e i bastoncelli che garantiscono la visione notturna.

Entrambi i tipi di cellule, una volta colpiti dai fotoni di cui è composta la luce, producono un segnale elettrico che viene trasmesso al nervo ottico e da questo al cervello. La tecnica dell’optogenetica applicata all’oftalmologia prevede l’utilizzazo di un virus attenuato contenente il DNA della ChR2, che, una volta entrato nelle cellule retiniche bersaglio, permette loro di esprimere la proteina che le rende sensibili alla luce e in grado di stimolare il fenomeno della visione, similmente a come fanno i coni e i bastoncelli, i fotorecettori della retina che purtroppo vengono a mancare in molte patologie retiniche.

I ricercatori della Retina Foundation of the Southwest di Dallas, Texas, sono stati i primi ad utilizzare l’optogenetica con lo scopo di controllare con precisione le cellule. Lo studio si basava sulla modificazione del DNA di alcune cellule della retina, le cellule gliali, per farle reagire con la luce e inviare segnali al cervello per rimediare alla perdita dei fotorecettori causata dalla retinite pigmentosa con l’iniezione di virus contenenti il DNA ricavato dalle alghe, consentendo alle cellule gliali di cominciare a produrre proteine fotosensibili, trasformandosi in cellule in grado di reagire alla luce.
Il fine dello studio era produrre almeno 100.000 cellule fotosensibili, una quantità tale da restituire ai pazienti una capacità visiva sufficiente.

Il trattamento presentava delle limitazioni in quanto la proteina delle alghe reagisce soltanto alla componente blu della luce, con una conseguente visione monocromatica per i pazienti, tendente con ogni probabilità al bianco e nero. Ulteriore ostacolo sta nel fatto che la proteina non possiede la sensibilità una lunghezza d’onda della luce compatibile con la salute della retina.

I risultati ottenuti fino ad ora nei vari campi di applicazione dell’optogenetica e l’impegno messo in gioco da parte di eccellenti gruppi di ricerca specializzati nel settore sparsi in tutto il mondo lasciano ben sperare che la nuova tecnologia possa rappresentare presto un’ulteriore arma concreta per la lotta contro la cecità.

Leave a comment

Compila il form sottostante e sarai ricontattato/a nei tempi e nei modi che preferisci.
Io e la mia Équipe ti guideremo nell’eventuale percorso da effettuare insieme.

Contatta il professore