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La coroideremia (CHM) è una forma progressiva, bilaterale di distrofia corioretinica, caratterizzata dalla degenerazione progressiva dell’epitelio pigmentato retinico (RPE) e dei suoi fotorecettori che rende visibili i vasi sanguigni coroideali. Le lesioni inizialmente focali situate nella periferia retinica con l’avanzamento della patologia tendono a confluire e progredire verso il centro diffondendosi su tutta la retina.
La regione maculare rimane preservata fino agli ultimi stadi della patologia permettendo una facile diagnosi clinica strumentale e preservando completamente la qualità visiva centrale del paziente anche se tubulare.
Oltre alla perdita del campo visivo periferico il paziente presenta una enorme difficoltà nell’adattamento al buio e nelle fasi più avanzate presenta un’alterazione del senso cromatico, cioè nella percezione dei colori, soprattutto il blu. La prevalenza di questa patologia è di circa 1/50.000- 1/100.000 e di solito esordisce nella prima decade di vita. La prognosi è molto sfavorevole anche se la maggior parte dei pazienti conserva una visione utile fino alla sesta decade di vita, ma successivamente di solito si verifica un calo visivo importante e repentino. Per una corretta e precisa diagnosi è fondamentale effettuare un test genetico poiché questa patologia è causata da numerosi geni. La coroideremia è causata da una mutazione del gene CHM, che codifica per le proteine REP-1 e REP-2 (Rab Escort Protein) legate alla Ras-GTPasi, situato sul cromosoma X infatti la modalità di trasmissione risulta essere X-linked recessiva.
Diagnosi
Per la diagnosi di questa patologia occorre sottoporsi ad una approfondita visita oculistica con esami strumentali. Tra questi i più importanti sono la Tomografia a Coerenza Ottica (OCT) che mostrerà una preservazione della normale anatomia retinica nella zona maculare, fino agli ultimi stadi della patologia; andando poi ad analizzare le parti periferiche si noteranno le tipiche alterazioni dei fotorecettori e dell’epitelio pigmentato; la perimetria computerizzata risulta un esame fondamentale per monitorare la progressione della patologia soprattutto nello stadio iniziale, l’Elettroretinogramma (ERG) appare subnormale con una iniziale compromissione della componente scotopica e nelle fasi avanzate anche della parte fotopica; l’Angiografia con Fluoresceina (FAG) e l’Angiografia con Verde Indocianina (ICGA) sono esami minimamente invasivi che utilizzano due mezzi di contrasto differenti e che evidenziano il riempimento dei vasi retinici e dei grossi vasi coroideali, ma non della coriocapillare: invece la regione foveale risulta intatta ed ipofluorescente; per tenere sotto controllo la progressione della patologia che si sviluppa dalla periferia fino alla zona più centrale è consigliabile utilizzare una Retinografia Wilde-Field(CF).
Trattamento
Fino ad oggi per questa patologia non esiste una terapia in uso, ma si stanno sperimentando differenti approcci terapeutici: tra questi quello che sembra essere il più promettente, anche se ancora in fase di approvazione, è la terapia genica. Essa si prefigge di interrompere il processo degenerativo della patologia intervenendo con la somministrazione intraoculare di un vettore virale adeno-associato (AVV) nello specifico rAAV2.REP1 che permette la codificazione della proteina mancante nelle cellule retiniche originariamente patologiche.
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